Quando Mass e Social Media si annusano e si piacciono. Intervista a Marco Stancati
Stefano Chiarazzo
Twitter Tips & Tricks
Venerdì 6 luglio sarà ancora momento di “Twitter Tips & Tricks“, il corso e aperitivo social dedicato all’autoformazione avanzata e approfondimenti sull’uso di Twitter. A #TTT06, sesto appuntamento (locandina qua sopra) si parlerà di “Twitter e la musica. Produrre, suonare e condividere” con una puntata live del programma radiofonico @Twittamidinotte.#Twittamidinotte é stato uno degli esempi discussi nel precedente incontro intitolato “Quando la TV e la radio incontrano Twitter“, che ha avuto come relatori Marco Stancati, docente di media planning all’Università Sapienza di Roma, e Francesco Soro, Presidente del CoReCom Lazio.

Dopo l’intervista a Soro, vi propongo come promesso anche la chiacchierata con @marcostancati.

Marco Stancati, consulente aziendale, docente di “Comunicazione interna” e di “Pianificazione dei Media nelle strategie d’impresa” alla Sapienza di Roma, è giornalista pubblicista e collabora con diversi periodici sui temi della Sicurezza sul Lavoro e della Comunicazione. In nessuna di queste, e di altre attività, si può definire un ortodosso.

1. Il titolo del suo intervento al #TTT05, “Quando Mass e Social Media si annusano e si piacciono”, fotografa bene come siamo in una fase di conoscenza, che ha ottime possibilità di diventare una bella storia d’amore. Chi sta corteggiando chi?

“I Mass Media prima hanno guardato ai Social con sufficienza, poi hanno cominciato ad allungare le mani (talvolta in maniera rattosa) sui contenuti prodotti dai Social. D’altra parte tutti i New Media hanno progressivamente capito che rimbalzare sui Media tradizionali aumentava l’eco e la visibilità con un effetto a spirale crescente. E questo, soprattutto in campo pubblicitario, è un valore aggiunto imprescindibile. Ora siamo in una situazione nella quale si stanno sperimentando formule d’ibridazione, di simbiosi, di sinergia e, in prospettiva, dobbiamo attenderci nuovi format e nuovi canali originali rispetto a quelli esistenti.”

2. Ha detto che Twitter é il social network che meglio si sposa con la TV grazie alla sua immediatezza, e alla facilità di filtrare i tweet con appositi software e mandarli sullo schermo senza che diventino troppo invasivi. Non si potrebbe fare la stessa cosa con i post e commenti sulla Facebook fanpage di un programma televisivo?

“Attualmente mi sembra che Twitter abbia un’agilità reattiva e una sincronicità maggiore di quella di Facebook e quindi ribadisco la mia opinione che sia non il più televisivo ma il più “televisionabile” dei Social. Siamo però perpetuamente all’alba di un nuovo giorno stante l’accelerazione dei processi di crossmedialità; assisteremo quindi a una sfida continua per diventare il Medium di maggior riferimento. E non solo tra Media, se guardiamo al processo di trasformazione di Google o alle voci sul tentativo di Apple di creare un network interno tra tutti i possessori dei suoi device. Per usare un luogo comune: “Ne vedremo delle belle!” in tutte le direzioni. Molto interessante, per esempio, la recentissima “Hashtag Page” di Twitter: lo vedo come un nuovo strumento di Social Media Marketing.”

3. Secondo lei Twitter é più televisivo che radiofonico, perché la grafica aiuta a visualizzare concetti che le sole parole potrebbero non passare. Nel panorama della radio tradizionale e delle web radio esistono però già ottimi casi come @TwitAndShout e @TwittamiDiNotte. Quali sono i fattori che ne stanno decretando il successo?

“Quello di Alex Braga e Soci con Twitandshout è stato, ed è, un tentativo coraggioso:
– perché ha trasportato di peso Twitter in Radio, senza troppe mediazioni, fornendo il palcoscenico di un Mass Media a un Social Media
– perché ha ripreso una modalità, quella degli User Generated Content (I contenuti prodotti direttamente dagli Utenti) che ha caratterizzato la storia di trasmissioni radiofoniche di grande successo (a cominciare dalla mitica “Chiamate Roma 3131”)
– perché ha esaltato il principio del rispetto dell’autorialità associando ogni singolo tweet al suo autore (addirittura facendolo leggere al medesimo).

Il successo, dovuto anche alla capacità di saper raccogliere critiche e suggerimenti, all’inizio credo sia da attribuire alla curiosità di tutti quelli che usano Twitter di ascoltare delle citazioni radiofoniche e le voci originali. Da qualche tempo noto che molti ascoltatori tradizionali della Radio, quindi analogici, cominciano a considerare Twitter e quindi i Social non più come roba aliena, ma come un qualcosa alla quale ci si potrebbe anche accostare. Con circospezione, ovviamente!

Twittami di notte lo conosco molto meno, sinceramente. O meglio lo frequento molto meno perché va in onda il venerdì notte e la domenica notte che sono le mie due uniche nottate dedicate, possibilmente, al riposo assoluto. E’ una Webradio quindi si muove già nello specifico dei New Media: indubbiamente ha dato per prima una voce ai “twittautori” e ha creato un’interazione più ricca e gratificante. E questa mi sembra già un buon motivo per il suo successo. Ma non conquista analogici alla causa (e, del resto, neanche se lo pone il problema. Perché non è nei suoi obiettivi). Un consiglio (e auguri) per Fabrizio: un video informativo-promozionale con faccione in primo piano in ambiente asettico, meglio senza occhiali neri. Se possibile.”

4. Lei ritiene che la convergenza tv/internet sia ormai un dato di fatto, ma non ci si può limitare ad abbinare un social media come Twitter alla Televisione. Bisogna ridefinire il ruolo della TV da 1.0 a 2.0, con palinsesti pensati ad hoc. Il pubblico della TV generalista è pronto in un paese dove Twitter è così poco utilizzato e stiamo ancora parlando di “divario digitale”?

“Il divario digitale sta diminuendo come dimostrano i dati del Rapporto 2011 Censis-Ucsi sulla Comunicazione, grazie al fatto che le fasce di età medio-alta si stanno “ricovertendo”. Quindi sono meno pessimista di quanto traspaia dalla domanda. Piuttosto sta aumentando il “Press Divide”: la percentuale d’italiani che non legge più carta stampata è arrivata nel 2011 al 46% con un’accelerazione fortissima nell’ultimo quinquennio. Le implicazioni di questo nuovo “Divide” sono all’attenzione di sociologi e comunicatori.”

5. Dopo l’ingresso di Fiorello su Twitter a settembre molti personaggi televisivi l’hanno seguito, ma in pochi sembrano aver compreso appieno le sue potenzialità. Al contrario, casi recenti come Zoro, Willwoosh, Mente Contorta e Clio Make Up – che devono il proprio successo proprio ai social network – hanno dimostrato come i talenti della rete possano dare molto alla TV in termini di idee nuove. Il processo di rinnovamento della TV non dovrebbe puntare di più sui “nativi digitali”?

“Un processo di rinnovamento si deve basare su idee nuove, come del resto sottolinea la domanda, quindi da chiunque partorite. Il dato che conduce non è quello anagrafico, ma quello culturale. Certamente, come ho già detto all’inizio, i Media tradizionali si sono finalmente accorti del potenziale autoriale che è nella Rete. E attingono con sempre maggiore frequenza. Ma ancora tendono, prevalentemente, a piegare quei contenuti a vecchi format. Il processo d’ibridazione, che inevitabilmente poi partorirà qualcosa di diverso rispetto all’esistente, è ancora all’inizio. E’ in questo processo di costruzione di format innovativi che prevedo un ruolo irrinunciabile per l’intelligenza collettiva dei così detti “nativi digitali”.”

6. Secondo lei la Social TV porterà al nascere di nuove professioni come l’Art Director per schermi televisivi, in grado di armonizzare visivamente il flusso dei tweet con il programma televisivo. Una TV che punta sempre più su programmi low cost sarebbe pronta ad investire sulla qualità?

“Ci sono molte trasmissioni (e in questo le Reti Mediaset hanno fatto scuola) che nascono esclusivamente come contenitori di pubblicità. Cosa che tra l’altro consente di risparmiare sui costi di produzione perché le Reti “impaginano” meno contenuti editoriali nella giornata. Ma anche, anzi soprattutto, la TV più biecamente commerciale ha bisogno di adattarsi alla “nuova” domanda di un consumatore sempre meno passivo e sempre più “prosumer”. I nuovi mestieri sono conseguenti all’evoluzione dei format. Comunque.”

7. Durante il #TTT05 @FedeAlderighi ha twittato: “Posso essere sincera? Io mi distraggo quando scrivo… Adesso di che si parla???”. Spingendo troppo l’engagement sui social non si rischia di distogliere l’attenzione del telespettatore dal programma che sta seguendo, e dagli spot pubblicitari tanto cari agli investitori?

“@FedeAlderighi ha palesato con sincerità un problema diffuso. Essere multitasking può essere a scapito dell’attenzione e dell’approfondimento. Ma la scommessa per i “nuovi” programmi sarà proprio questa: l’engagement come specifico del programma, non solo come attività collaterale o di stimolo. Insomma l’interazione diventerà core business, caratterizzerà il programma, ne diventerà la ragion d’essere. Non i sondaggioni bulgari, e grotteschi di Santoro, o le semplici citazioni di tweet in sovraimpressione: sorrideremo tra non molto quando rivedremo questi primi e rozzi utilizzi…”

8. Ad oggi la TV viene misurata solo sugli ascolti Auditel. Pensa che in futuro verrà valutata la qualità dei programmi in termini di engagement e sentiment sui social, o continuerà il disinteresse da parte dei media di confrontarsi con i telespettatori?

“Il dato quantitativo ha una sua importanza, e quando viene correttamente analizzato riesce a rilevare anche aspetti qualitativi. La TV vive in larga misura in funzione della pubblicità e quest’ultima ha bisogno di conoscere, e sempre di più in tempo reale, il sentiment dei clienti o potenziali tali. Nessun produttore di beni e servizi può prescindere ormai da quello che la Rete dice del Brand o dei prodotti. Basta considerare il moltiplicarsi di agenzie che monitorano la Rete e offrono servizi a sostegno della Reputation.

Questo cambio di ottica si sta trasferendo, inevitabilmente, anche ai media che ospitano la pubblicità. Non con la velocità che vorremmo, ma il processo è iniziato.”

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