Comunicazione politica 2.0. Internet come strumento di democrazia partecipativa
Stefano Chiarazzo
I candidati premier per le elezioni del 2013 sui social network
Il 28 novembre scorso ho partecipato all’evento “La Comunicazione Politica: il consenso fra etica e tecnica” organizzato da Cristina Marchegiani di FERPI. La discussione ha evidenziato come la rete, in particolare i social network, abbiano influenzato fortemente l’evoluzione del ruolo e delle competenze del comunicatore politico.Per approfondire il tema, molto discusso sul web in queste calde giornate di campagna elettorale, ho chiesto a tre professionisti della comunicazione politica – che ringrazio per la disponibilità in un periodo così impegnativo – di raccontare i loro approcci e esperienze:

 

  • Dino Amenduni: responsabile nuovi media e consulente di comunicazione politica dell’agenzia Proforma, cura la comunicazione politica di Nichi Vendola;
  • Roberto Rao: deputato UDC, portavoce da sempre di Pier Ferdinando Casini;
  • Luigi Crespi: vent’anni da sondaggista politico, oggi consulente per l’agenzia Spin-Network, segue tra gli altri il sindaco di Roma Gianni Alemanno.

Da oggi, per tre martedì, toccheremo diversi aspetti della comunicazione politica 2.0:

– Internet come strumento di democrazia partecipativa;
– Social network e politica;
– I candidati sui social network.

PRIMA PARTE: INTERNET COME STRUMENTO DI DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA

I potenziali elettori sono sempre più online. Internet e social media costituiscono una nuova agorà per il dibattito pubblico. Se da un lato accorciano le distanze con l’elettorato permettendo un dialogo costante e una maggiore partecipazione, dall’altro fanno velocemente circolare fatti di cronaca, soprattutto quelli negativi come corruzione e sprechi di danaro, alimentando insofferenza e sfiducia nei confronti della classe politica.

Internet sta togliendo sempre più lo scettro alla stampa come “guardiano” e garante della democrazia. Plurità di fonti di informazione, fact checking, libertà di espressione e di critica, disintermediazione. Avere una buona web reputation è ormai imprescindibile. Tre regole per costruirla al meglio?

Amenduni:
“C’è una prima regola che le comprende tutte: la reputazione e la web reputation si basano sugli stessi elementi relazionali. Le regole sono uguali online e offline: dire la verità (e dimostrare che si sta dicendo la verità), ascoltare (e dimostrare che lo si sta facendo con comportamenti consequenziali), essere coerenti nel tempo e a livello etico rispetto a ciò che si sostiene.”

Rao:
“La regola principale è una sola: ricordarsi che la Rete e i social network non sono un bel paravento o una bella vetrina dietro cui nascondersi. Un tempo bastava “dichiarare” quello che si riteneva conveniente politicamente: se vero o falso, era secondario. Non c’era possibilità di replica né di controllo per chi ascoltava. Ora non più: chi twitta è consapevole di essere sottoposto al contraddittorio immediato (o al fact checking) dei propri follower o di chiunque abbia accesso alla rete.”

Crespi:
“Non credo nei manuali applicativi. Se la presenza su internet è fatta da persone è necessario che rappresenti la personalità e l’idea che si vuole dare di sé. Le regole sono quelle tecniche uguali per tutti, il resto va “cucito” addosso.”

Ascoltare la rete e analizzare i dati è un modo potente di fotografare i bisogni e il consenso degli elettori nei confronti dei diversi schieramenti. Come utilizzate (se state utilizzando) questa enorme mole di feedback spontanei dal basso?

Amenduni:
“Ci sono numerosi strumenti di analisi quantitativa che si utilizzano, in particolare quando c’è il budget per poterli acquistare. E in Italia questo è vero quasi solamente in campagna elettorale. Esistono, inoltre, numerosi siti che si stanno dedicando all’analisi delle conversazioni online, soprattutto dal punto di vista quantitativo. Manca ancora un’elaborazione compiuta dei dati qualitativi, forse ancora più preziosi per costruire le migliori strategie di comunicazione politica.”

Rao:
“La Politica deve tornare ad essere ascolto, e a fondarsi su un sistema di input e feedback: il politico che resta sordo ai suggerimenti migliori dei suoi elettori è meglio che cambi mestiere. I social network hanno il merito di rendere questo processo più agevole e immediato, a volte anche brusco. Twitter, per dire, permette di testare – nel giro di qualche minuto – il gradimento e l’efficacia delle mie proposte e idee e, in caso, correggerle o implementarle con i migliori spunti che ricevo.”

Crespi:
“Con le molle, con i giusti pesi e con adeguati strumenti. E sempre con l’obiettivo di ridurre la complessità. Il rischio è subire un indistinto rumore di fondo.”

 

Dalle sezioni e tessere di partito alle pagine Facebook, dai congressi all’ascolto online. Rete come strumento di attivazione, organizzazione dei sostenitori e partecipazione alla stesura dei programma. Qual è il progetto più innovativo in termini di coinvolgimento dei cittadini che state mettendo o che vorreste mettere in atto?

 
Amenduni:
“Sarebbe sufficiente mettere alla prova alcune strategie combinate di comunicazione tipiche delle elezioni americane (online, telefonate, microtargeting, porta a porta, eventi), anche in scala infinitamente ridotta, per fare un passo in avanti significativo. In Italia invece siamo ancora abituati a un’idea mutualmente esclusiva delle azioni di campagna elettorale. C’è chi sostiene, o teme, che Facebook possa sostituire la piazza: è prima di tutto sbagliato, perché si deve fare una cosa e l’altro, in secondo luogo è impossibile perché c’è chi parteciperà ai comizi e chi si attiverà sui social media. Una buona comunicazione politica non impone lo strumento al destinatario sulla base del proprio “gusto”, ma permette che il destinatario scelga lo strumento migliore per le sue abitudini.”
 
Rao:
“Io non penso che la Rete possa essere un sostituto dei partiti, ma uno strumento di evoluzione dei partiti: sono entrambi “medium” che non si escludono affatto a vicenda, ma piuttosto si completano. Se, come abbiamo visto con Grillo, si lodano le magnifiche capacità democratiche di Internet e poi si espelle dal “movimento” chi assume posizioni critiche rispetto a quelle del leader, allora vuol dire che qualcosa stona orribilmente.”
 
Crespi:
“Semplificare e diffondere, usare tutti gli strumenti senza diventarne succubi, con continuità e serietà, e integrare coerentemente con idee e progetti di chi ha idee e progetti.”

 

In Italia abbiamo forse il primo partito politico al mondo “nativo digitale”, che deve il suo successo proprio alla reputazione che si è creato online: il Movimento 5 Stelle. Non esiste fuori dalla rete se non nelle piazze. Non va (o non dovrebbe andare) sui media tradizionali se non di riflesso. Come giudicate questo fenomeno?

Amenduni:
“Il successo del Movimento5Stelle non è figlio esclusivo della sua natura online, per quanto Grillo ha il merito di aver investito più di chiunque altro su queste piattaforme. Il successo del Movimento, a mio avviso, è figlio della crisi della politica. Grillo non comunica in modo molto diverso rispetto a un anno fa’, ma il consenso è più che triplicato rispetto a gennaio 2012. Quanto più la politica offre storie poco edificanti, tanto più Grillo cresce. E, con la vittoria di Pizzarotti alle Amministrative a Parma, è subentrata la convinzione che votare Grillo fosse utile, sensato, possibile. Dunque c’è stato anche un effetto di trascinamento a partire dai primi successi elettorali del Movimento.”

Rao:
“Sbaglio o è stato proprio Grillo a rifiutare ogni confronto con i media “tradizionali”, e anche con gli altri concorrenti? È tutto perfettamente costruito su una strategia di marketing politico, in cui proprio quei media “tradizionali” tanto vituperati sono caduti per primi: più Grillo rifiuta il confronto, più viene inseguito morbosamente. Con il risultato di regalargli una sovraesposizione mediatica che credo abbia contribuito alle varie affermazioni elettorali del M5S. Comunque bravi e furbi.”

Crespi:
“Furbo. Grillo conosce bene i media. Per presenza ed assenza lui è un “parlato”, non un “parlante”. Senza la TV non sarebbe arrivato ai livelli attuali. In questo è un eversivo innovatore: sulla rete è un “grande bluff”. Per lui la rete è un “metaMedia”, un pretesto, come per Berlusconi il Calcio è strumento di fidelizzazione.”

Torna all’inizio

Leggi la seconda puntata Le elezioni 2013 sui social network. Dicci cosa ne pensi di comunicazione e politica 2.0 nei commenti o su FacebookLinkedIn e Twitter. Ti aspettiamo!