Le 8 barriere motivazionali dei manager su Linkedin: quali sono e come abbatterle
Stefano Chiarazzo

Spesso diamo per scontato che quel manager di primo piano di quell’azienda così importante abbia e aggiorni periodicamente un profilo personale su LinkedIn. Eppure, ad ogni nuovo aggiornamento Social CEO Lab, ci stupiamo del fatto che diversi amministratori delegati ancora non ci siano (il 17% secondo la nostra ultima rilevazione), oppure ci sono ma sono più o meno inattivi. Ad ostacolarli influiscono vere e proprie barriere motivazionali.

Così come i loro stessi collaboratori quando l’azienda prova ad attivarli con piani di employee advocacy digitale, anche i leader apicali possono essere vittime dell’”effetto Medusa dei social media”: al solo incrociare lo sguardo ne restano pietrificati. Togliamoci dalla mente l’idea dei manager supereroi che, dopo essere stati accidentalmente morsi dal ragno-della-comunicazione, siano in grado con estrema nonchalance di sparare dai polsi post e contenuti sempre infallibili. Se non ci credono o non si sentono a loro agio non ci investono. Punto.

Certo, capiamo benissimo che i social media sono solo uno dei tanti canali dove i Top manager si possono esporre pubblicamente e che, comunque, possono già essere chiamati a farlo sui profili istituzionali dell’azienda, senza dovere per forza avere un profilo personale. Vero, conosciamo però anche i benefici che la loro presenza personale su LinkedIn può portare alla comunicazione aziendale in termini di reputazione, employer branding e social selling.

GLI 8 PROFILI DI MANAGER CHE NON SONO SU LINKEDIN

Parlando quotidianamente con diversi Top manager e Champions aziendali e confrontandoci spesso con colleghi consulenti e formatori, è abbastanza chiaro che il blocco sia dovuto a barriere motivazionali più comuni di quanto si creda. Ne abbiamo raccolte otto, provando a raccontare otto profili di manager con paure, dubbi e a volte anche pregiudizi differenti e a volte copresenti.

LE VALUTAZIONI DEI RISCHI E DELLE OPPORTUNITÀ

Per i primi quattro profili le barriere motivazionali consistono nel non aver ancora raggiunto un’adeguata consapevolezza che i benefici superino abbondantemente i rischi:

  • OLD-SCHOOL: ritenendo che gli eventi e le relazioni pubbliche più che sufficienti, vedono la loro presenza sui social come un’azione superflua. “Perchè aggiungere lavoro se l’ecosistema mediatico funziona già bene così?“;
  • SKEPTICAL: a volte è proprio osservando i propri peer e il grande impegno profuso sui social media che si chiedono: Come può tale spiegamento di forze migliorare i miei risultati di business?”;
  • SCARED: sono preoccupati, se non terrorizzati, dal pensiero di ricevere attacchi da parte dei detrattori o di compiere gravi errori. Piuttosto che scoprire il fianco e agire da parafulmini, preferiscono il “quieto vivere”;
  • SHY: parola d’ordine riservatezza! Non vanno matti dell’idea di esporsi troppo. “Meglio dimostrare che apparire“.

LA CARENZA DI COMPETENZE E RISORSE ADEGUATE

Ci sono poi altri quattro profili di manager che, pur consapevoli dell’opportunità, preferiscono non cimentarsi. Per loro le barriere motivazionali sono date dalla bassa conoscenza della piattaforma o dalla mancanza di una corretta consapevolezza delle ripercussioni operative e gestionali per sfruttarne al meglio i benefici:

  • UNSKILLED: non sono su LinkedIn o lo utilizzano talmente poco da sentirsi a disagio quando ne parlano… figuriamoci a pensare di doverlo usare per rappresentare ufficialmente l’azienda;
  • INTERNALLY FOCUSED:Network professionale. Sì, ma quale network?“. Essendo principalmente orientati alla costruzione di consenso interno, sono meno predisposti all’esposizione pubblica;
  • TIMEKEEPER: Il tempo non è mai abbastanza. Perché toglierne altro al business?“. Per loro, comunicare sui social media porta più il peso di dover gestire fastidiose richieste che il vantaggio di generare nuove opportunità;
  • ANXIOUS:Cosa scrivo? Quanto spesso? Interesserà?” Assaliti dall’ansia da prestazione e dal confronto con gli altri, si arrovellano in un loop di domande senza risposta. Nel dubbio, preferiscono evitare.

COME ABBATTERE LE BARRIERE MOTIVAZIONALI?

Attrarre e fidelizzare i clienti, gli investitori, i business partner e i talenti. Ricevere il supporto di tutti gli stakeholder aziendali, nei periodi di crescita ma anche in quelli difficili. LinkedIn può essere un ottimo alleato per farlo di più e meglio, ma i primi ad esserne convinti devono essere proprio i Top manager. 

E allora ben vengano “attività pilota” dove sperimentare, misurare, imparare e, solo a quel punto, decidere consapevolmente di continuare in maniera più strategica. Il tutto con il supporto e l’affiancamento di advisor e mentor che aiutino step-by-step a colmare eventuali gap informativi e culturali e ad arricchire ed allenare competenze hard e soft.

Per esperienza, è questo l’unico modo di convincersi e di credere, poi, in piani più estesi di brand ambassadorship da parte di tutti i collaboratori aziendali che, a quel punto sì, richiederanno investimento di risorse nella redazione di processi di governance e di una social media policy, nell’adeguata scelta e formazione dei manager e dei Champions aziendali e nella messa a punto di un piano di coordinamento, content creation e tutoraggio.

Vorresti avviare un piano di brand advocacy ma ti scontri anche tu in azienda con una o più barriere motivazionali? Contattaci per provare ad abbatterle insieme e visita la pagina Executive Communication per sapere di più sui nostri servizi e sul nostro metodo.