#WIDG Domenica senza Auditel. Idee del web per una migliore qualità della TV
Stefano Chiarazzo

Come sapete questa settimana ho aderito a “WIDG – La tv che vorrei“, un’iniziativa che si pone l’obiettivo di raccontare il piccolo schermo da una prospettiva che non prenda in considerazione solo i dati quantitativi diffusi da Auditel ma soprattutto la qualità dei programmi, con un nuovo indice di gradimento che parte dal web.

Oltre a me e ai promotori TV Blog, Cinetivù, Televisionando e Reality & Show stanno partecipando Accademia dei Telefilm, Antonio Genna, Chic o Choc, Chimachimera, Chissenefrega, Digital Sat, Gossiplandia, Inside Tv, Isa&Chia, LaNostra Tv, LaBuonaTivu, Matteoblog, MondoReality, Mag Series, TelefilmCult, TuttoFaMedia, TvBlog.Girlpower, TvGlobo, Tele Racconto, TvZoom, UnDueTre, VicoloDelleNews, Webl0g.

Si, ma che cos’è Auditel? Cito da sito: sistema di rilevazione dati di ascolto che garantisce una stima statistica, autorevole e imparziale, dell’ascolto della televisione in Italia. Dal 1986, Auditel rileva, 24 ore su 24, minuto per minuto, “tutta” la TV, nazionale e locale, vista attraverso diverse fonti: terrestre, satellitare, analogica e digitale.

Molti sono i detrattori che denunciano che il panel non sia realmente rappresentativo della popolazione italiana, altri che che sia assoggettato ai poteri forti di Mediaset e RAI. Ecco alcuni pareri raccolti in questi giorni dai blog di WIDG:

Gianni Boncompagni: «L’Auditel è una bufala, equivale a credere all’oroscopo».

Marco Travaglio: «L’Auditel ha evidentemente un campione tarato sulla vecchia televisione generalista; una società di Rai e Mediaset non può essere attendibile per giudicare la concorrenza».

Carlo Freccero: «L’Auditel è il mio guru, il mio feticcio, il mio incubo. Ma in futuro non si potrà prescindere dal commento su internet».

Renzo Arbore: «Ormai al giorno d’oggi non c’è più spazio per la sperimentazione, c’è poco rispetto per le avanguardie. Tra i format esteri già pronti e la paura di fare cose nuove non si fa quasi più nulla in Tv. Ahi ahi, Auditel Auditel… quanti delitti si compiono in tuo nome».

Pippo Baudo: «Ho avuto sempre un rapporto molto difficile con l’Auditel, è una cosa che non ho mai stimato».

In ogni caso, anche se fosse perfetto, offrirebbe comunque solo dati quantitativi.

Non sappiamo se chi ha la TV accesa in quel momento stia effettivamente guardando, se la tiene solo di sottofondo o se, ne frattempo, sta litigando con la moglie o è corso in bagno per un’improvviso bisogno.

E allora? L’unico modo sarebbe avere persone che guardino davvero i programmi e rispondano a questionari che aiutino a valutarne l’apprezzamento reale e la qualità. In questi giorni è emersa una buona proposta per accostare ai metodi quantitativi, strumenti che riescano a leggere anche il “gradimento qualitativo”: l’analisi sensoriale del Centro Studi Assaggiatori.

E anch’io ci ho messo del mio, proponendo i social network, Twitter in primis, come indice di gradimento dei programmi televisivi e panel spontaneo per testare la qualità e raccogliere suggerimenti.

E voi, cosa cosa ne pensate? Alternative?